Progetto cibo: l’arte contemporanea al gusto.

L’atmosfera è quella di un happening londinese.
Ci sono donne in abito da sera, signori distinti con la barba lunga.
Ma si vedono anche numerosi giovani, universitari, sembra. E poi coppie entusiaste. Amici che sorridono tra brindisi e chiacchiere. Persino qualche bambino.
E poi c’è uno chef, ogni mercoledì uno diverso.
E’ questa la fotografia della serata che mi porterò dentro dell’esperienza vissuta al “Progetto Cibo“, un’iniziativa del Mart di Rovereto.

Mart

L’evento si struttura in due parti fondamentali: una esposizione di oggetti artistici ispirati al cibo ed alcune serate di degustazione di piatti preparati da chef stellati, il cosiddetto show-cooking.
Già, ho detto chef. Dentro ad un museo.
E solo provandolo si riesce a capire quanto questi due elementi possano completarsi a vicenda.
Dopo un percorso di esplorazione che racconta l’architettura del cibo, si passa all’aperitivo di benvenuto. L’artista della serata è già li, dietro ad un bancone.

Ma non si presenta come un’opera d’arte inanimata solamente da ammirare.
Preferisco paragonarlo ad un’installazione interattiva: è li, in mezzo alla gente, si presenta, parla delle sue ricette, comunicando con trasporto la sua simbiosi con ogni singolo ingrediente, con la gestualità. Fa assaggiare, chiede opinioni, stimola interazioni,  risponde alle domande. Insomma quando l’arte del cibo viene proposta ed esposta in diretta e senza filtri.
La serata per i fortunati (o organizzati) che hanno un posto a sedere, si sviluppa in una degustazione dei piatti scelti, serviti da camerieri, come in un ristorante stellato.
Le ricette prediligono l’uso dei prodotti locali trentini. E anche il vino d’accompagnamento segue il fil rouge della serata.
L’arricchimento personale è dato sia dal luogo che trasuda bellezza, che dallo stesso chef che racconta il piatto proprio mentre lo si sta gustando, usando termini appropriati e comunicando passione pura.
Si è vero:  non ci si sazia. Ma si esce senza dubbio ricchi di tante altre sensazioni, forse nuove.

Come quando lo “chef”, nel mio caso Bruno Barbieri, ammette ad un certo punto:
“la cosa che fa davvero grande uno chef è la capacità di sentire il cibo tra le mani”

P.