Divagazioni nel Palazzo Enciclopedico

Pensieri sparsi sulla 55 Biennale d’Arte di Venezia

Liste. Fate liste?
Raccogliete frammenti di discorsi, immagini, appunti o ingredienti delle ricette? Questa di J.L.Borges è il genere di lista che mi piacerebbe segnarmi su Evernote l’App dalla memoria elefantiaca:

“Gli animali si dividono in: a) appartenenti all’Imperatore; b) imbalsamati; c) addomesticati; d) maialini da latte; e) sirene; f) favolosi; g) cani in libertà; h) inclusi nella presente classi- ficazione; i) che si agitano follemente; j) innumerevoli; k) disegnati con un pennello finis- simo di peli di cammello; l) et cetera; m) che fanno l’amore; n) che da lontano sembrano mosche”

Liste. Collezioni fantastiche. Variazioni maniacali pittoriche su uno stesso tema. Ripetizioni di azioni che girano a loop in performance dalla durata di sei mesi (Tino Sehgal). Mi aggiro per la Biennale e sento che accumulo immagini, visioni e perchè no, manie. M. Gioni, il curatore ne dice: “…Il Palazzo Enciclopedico è una mostra sulle ossessioni e sul potere trasformativo dell’immaginazione… curiosità e meraviglia si mescolano per compor- re nuove immagini del mondo fondate su affinità elettive e simpatie magiche…”.

Nella zona espositiva dei Giardini è posto il cuore della mostra: una presentazione del Libro Rosso di Carl Gustav Jung: “un esercizio di immaginazione attiva”, si parte quindi all’insegna dell’inconscio. E intorno cosa c’è? Artisti, tanti: visionari che ascoltano la voce degli spiriti, praticanti del tantra, accumulatori seriali, ingegneri che catalogano il colore del cielo, terapisti che si curano con i colori, ricamatrici ossessive, ribelli convinti, fotografi delle viscere, conservatori con lati nascosti, sognatori ad occhi aperti…. Poi fuori, nel giar- dino, dopo un caffè, si prende un’altro sentiero e si salta nello spazio tempo, di nazione in nazione.

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Tra i tanti padiglioni entro nei Paesi nordici: mi accoglie uno spazio con luce bassa, quasi meditativa, con degli alberi, si sentono sussurri leggeri, un brusio nel silenzio, ci vuole un pò per capire: hanno sonorizzato il respiro delle foglie.. tecnologia applicata per rendere udibile l’invisibile. In Spagna il padiglione è invaso di macerie e accumuli. In Korea si cammina a piedi scalzi in uno spazio ricoperto sopra e sotto di specchi, immersi in musiche ipnotiche, persi in un infinito rinfrangersi di sè stessi. In Germania c’è un’esplosione di sgabelli.

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La 55a Biennale d’Arte a Venezia è un ottimo posto dove perdere e ritrovare il filo del pensiero. Dove divagare, dove restare stupiti e straniti. Entrando negli spazi dell’Arsenale si incontra Belinda di Cuoghi, una scultura-gigantografia di una minuscola forma di vita riprodotta con una stampante 3D. Ricominciano le liste dapprima legate alla natura.. poi le opere parlano dell’umano: foto di infanti ottocenteschi, idoli sepolti, travestimenti etnici, ritratti distorti, corpi nudi scavati, cambi di identità, mutazioni….

Nella sala di Venetians (Pawel Althamer) ci si trova circondati da fantasmi, presenze silenti e inquietanti, una moltitudine di scheletri di plastica con i volti degli abitanti di Venezia… immoti.

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Nel padiglione Italiano si cammina (E. Benassi) su un pavimento formato da mattoni con le sigle dei satelliti spaziali abbandonati appena oltre l’atmosfera, inventario del cielo in una stanza? Fuori per i più arditi si può prendere a mar- tellate un cubo di cemento mescolato ad oro (P. Golia) e staccarne pezzetti, per estrarre forse il valore dell’arte?

Per finire sono davanti al video di Camille Henrot (vincitrice del Leone d’argento). Su un desktop ipotetico si aprono e chiudono frame con spezzoni di filamti di ogni genere, immagini, files di testo, un saltare da questo a quello che riconosco, un’accumularsi di conoscenza frammentata che mi appartiene, in sottofondo una voce rap racconta la creazione, tante storie mitologiche di creazioni ed elenca ciò che c’è o potrebbe esserci, immaginario e reale, in parte ciò di cui son fatta anch’io.

La Biennale di Venezia chiuderà il 24 novembre… c’è ancora tempo! e c’è molto altro… Il pecorso è immenso, un vero viaggio spazio temporale che oltre all’Arsenale e ai Giardini si interseca alla struttura lenta della città, proseguendo lungo calli e canali, dentro a palazzi e spazi nascosti, aperti quasi solo per l’evento. Una vera occasione di perdersi tra campi e campielli e, da vere geek, di testare l’App HI!TIDE che avvisa dell’arrivo dell’Acqua alta…
commentata anche da veneziani doc: “Ze un fià che cercavo sta applicasion! E finalmente ea gò trovà! Parfetta!”.

 Omanu. Acidulamaludica